Nello scorso numero ci siamo lasciati con il principe Vlad III in ostaggio nelle mani dei Turchi.
Con la morte del padre, egli viene rilasciato, e gli viene permesso di fare ritorno in patria per accedere al trono e rispettare i precedenti patti sottoscritti dal padre con il sultano.
Il fratello di Vlad, ancora in vita, preferisce invece restare alla corte del sultano. Come Vlad stesso lo definirà più tardi, suo fratello era affascinato dallo stile di vita che ora conduceva ed aveva atteggiamenti femminili. Alla luce di quanto conosciamo oggi sulle usanze del tempo potremmo azzardare l’ipotesi che a seguito dei ripetuti stupri praticati sul giovane ragazzo egli si fosse abituato, anche se il termine non mi sembra molto appropriato, ed abbia voluto prolungare la sua permanenza.
Al contrario di quanto si pensa, non fu sufficiente per Vlad fare ritorno in patria per rivendicare ciò che gli spettava, ma da questo momento sino alla sua morte, per ben tre volte ha dovuto riconquistare il suo regno e sedere al trono.
Correva l’anno 1447, quando la notizia della morte del padre e del fratello giunse. Ci sono due filoni di pensiero secondo i quali, la notizia fu data a Vlad da Maometto, mentre secondo l’altro filone fu il boiardo Cazan, già al servizio del padre Vlad Dracul, che gli portò la notizia consegnandoli la spada di Toledo e le vesti da cerimonia dell’Ordine del Drago.
Da questo momento in poi Vlad Tsepesh III si trovò in una strana e scomoda posizione come si può ben intuire. Da un lato era principe ereditario a tutti gli effetti e facente parte di un regno cattolico, dall’altro invece veniva liberato dall’impero ottomano e doveva rispettare gli accordi presi in precedenza con i musulmani.
Come accennato in precedenza, non fu semplice prendere in mano l’eredità lasciatagli dal padre, e dal momento della morte, al momento in cui la notizia fu ricevuta passò del tempo. Tempo durante il quale il vuoto di potere fu colmato da Giovanni Hunyadi nel 3 Dicembre del 1447 dichiaratosi principe della Valacchia.
Tale presa di potere, comunque non fu per soddisfare il proprio capriccio, quanto invece per preservare il trono ad un altro pretendente, Vladislao II figlio di Dan.
Curioso può sembrare il parallelismo tra le famiglie Dracula e Dan e le famiglie inglesi York e Lancaster che proprio in quel periodo stava ponendo le fondamenta per quella che sarebbe diventata la guerra dei trent’anni.
Ma tralasciando questo piccolo dettaglio, che potrebbe essere utile a chi crede nelle strane coincidenze, torniamo alla storia di Vlad III, ormai diciassettenne.
Pazientemente attendeva un occasione di salire al trono, e dovette attendere fino al 1448, anno in cui gli si presentò.
Tale opportunità giunse con l’attraversamento del Danubio da parte del Cavaliere Bianco, che si preparava a marciare attraverso la Serbia turca.
Durante la battaglia del Kosovo svoltasi tra il 17 ed il 19 ottobre attraverso una serie di scontri (ricordiamo che è insolito nel medioevo che le battaglie durino tre giorni. Il tempo medio è di qualche ora), Vladislao II e Hunyadi furono catturati e ciò permise a Vlad Tsepesh di farsi appoggiare dalla cavalleria e dalla fanteria turca per invadere il proprio territorio.
Tirgoviste fu presa senza che gli fosse opposta resistenza.
Ma la presa della capitale, che per Vlad era intesa come una legittima presa di potere su un qualcosa che gli spettava di diritto, fu vista come un atto di guerra da parte del vicegovernatore della Transilvania Nicolae di Ocna, che dalla città di Brasov chiese spiegazioni a Tsepesh.
La risposta non si fece attendere e viene qui di seguito riportata, ricordando come questo documento è il primo di cui si ha notizia circa la figura di Vlad Tsepesh, l’uomo passato alla storia come un essere disumano.
Vi diamo la notizia che Nicolae di Ocna di Sibiu ci scrive e ci chiede di essere così cortese di recarci da lui finché Giovanni [Hunyadi], il reale governatore di Ungheria, non tornerà dalla guerra. Non siamo in grado di farlo perché martedì scorso [29 ottobre] è giunto un emissario da Nicopoli affermando con grande certezza che Murad, il sultano turco, ha combattuto per tre giorni contro il governatore [Hunyadi] e che l’ultimo giorno [Hunyadi] ha formato un circolo con i suoi carri [i carri da guerra in stile ussita]. Quindi lo stesso sultano si è unito ai giannizzeri … è entrato
nelle linee e li ha sconfitti e uccisi. Se ci rechiamo ora da lui, i Turchi potrebbero uccidere sia voi che noi. Quindi vi chiediamo di avere pazienza finché ci saremo resi conto di ciò che è accaduto a [Hunyadi]. Non sappiamo nemmeno se è vivo. Se ritorna dalla guerra, lo incontreremo e stringeremo la pace con lui. Ma se sarete ora i nostri nemici e se qualcosa accadesse, voi sarete i peccatori e dovrete rispondere di fronte a Dio.
Scritto a Tirgoviste il giorno prima di Ognissanti dell’anno del Signore 1448.
La risposta era firmata “Vlad, voivoda della Valacchia, vostro fratello in tutto” e indirizzata agli “ufficiali di Brasov, fratelli amatissimi e amici.”
Anche se la lettera può sembrare a tratti ingenua e superficiali, non dobbiamo dimenticare che è solo una traduzione dallo slavo.
Comunque dobbiamo sottolineare come Vlad Tsepesh si trovasse in una strana situazione come detto all’inizio di questo articolo, e che per questo motivo doveva utilizzare la massima cautela al fine di non finire tra due martelli e fare da incudine.
Inoltre egli parla di una battaglia conclusasi solo due settimane prima, i cui dettagli a sua disposizione potevano non essere esaurienti, e cosa da non sottovalutare, aveva preso Tirgoviste con l’aiuto dei soldati turchi, e quindi con l’aiuto del sultano.
Ciò di cui Vlad era però all’oscuro era il reale esito della battaglia. Pensava ad un massacro completo da parte degli Ottomani, ed invece al termine dei tre giorni di combattimento, il sultano proclamò tre giorni di riposo, periodo durante il quale Vladislao si diresse verso la sua capitale per spodestare il nuovo regnante.
Vlad Tsepesh, giovane sovrano, privo di esperienza, con poche truppe, e privo dell’appoggio dei boiardi e dei contadini, fu costretto dopo appena due mesi di regno a lasciare il trono in favore di Vladislao il quale si era presentato presso la sua capitale appoggiato da Petru II di Bogdan principe della Moldavia.
Vlad Tsepesh fuggì in Oriente per riprendere quella vita che aveva lasciato poco prima alla corte del sultano Murad a Edirne.
Ciò che accadde tra la fine del primo regno e l’inizio del secondo non è dato saperlo nei dettagli, se non che visse come un fuggitivo assetato di vendetta.
Ma si sa che la vendetta,e l’odio possono consumare l’uomo da dentro e renderlo cupo, diffidente, nonché estremamente crudele.
Dal dicembre del 1449 all’ottobre del 1451, visse sotto la protezione dello zio Bogdan II di Moldavia, nella capitale Suceava, dove poté completare la sua educazione insieme al cugino Stefan, il quale passerà alla storia come Stefa cel Mare il Grande.
A quel tempo i due si giurarono aiuto reciproco se mai ce ne fosse stato bisogno.
La mancanza di ferree regole all’interno della politica moldava, al contrario di quello che stava accadendo nell’europa occidentale, portò alla morte di Bogdan per mano del fratello Petru Aron.
Questa circostanza costrinse Tsepesh e Stefan a fuggire in Valacchia attraverso il Passo Borgo nell’ottobre del 1451.
Nel frattempo Hunyadi era tornato in patria, ma non aveva più i titoli di governatore di Transilvania ed Ungheria. Erano stati tolti dal nuovo sovrano re Ladislao il postumo di Ungheria.
Tsepesh trovò rifugio a Brasov presso alcuni fondatori della città, ma in seguito ad un mandato di consegna del fuggitivo emesso da Hunyadi, fu costretto a fuggire nuovamente alla volta di Sibiu.
Durante l’anno 1451, accadde che i rapporti tra Vladislao e Hunyadi si indebolissero, ed il primo avviò trattative con il sultano Maometto II, subentrato a Murad morto il 3 febbraio, dopo che Hunyadi prese Amlas e Fargas.
E mentre il loro rapporto si logorava un altro andava formandosi, quello tra Hunyadi e Tsepesh, che promise di servire il Cavaliere Bianco (anche se non si sa quanto sinceramente).
Di tali incontro avvenuto a Hunedoara non si hanno documenti purtroppo.
Nell’accordo firmato tra i due, a Vlad Tsepesh fu assegnato il ruolo di difensore della Transilvania e la sua roccaforte fu stabilita a Sibiu.
Costantinopoli cadde ed un attacco turco da nord sembrava ormai imminente.
Lo stesso papa Nicola V affermò: “ La luce della cristianità si è spenta all’improvviso.”
Da Sibiu il vescovo scrisse al sindaco della città:
“ I turchi soggiogheranno tutta la cristianità se Dio lo permetterà… Conquisteranno le terre del despota Giorgio Brankovic di Serbia… Dicono anche che la città di Sibiu, che si trova sul loro cammino, deve essere distrutta.”
Alla luce dell’imminente attacco, Hunyadi mosse le sue forze per difendere Belgrado, mentre Tsepesh preparava le sue per muovere guerra a Vladislao, il quale si era apertamente schierato dalla parte di Maometto II.
A metà giugno del 1456, Tsepesh condusse il suo esercito attravero i Carpazi, oltre il castello di Bran e sconfisse l’esercito di Vladislao vicino Tirgoviste.
Vladislao II fu ucciso durante un combattimento corpo a corpo, e secondo la leggenda, il suo boia fu proprio Vlad Tsepesh.
Il 22 Agosto per la seconda volta l’impalatore rientra a Tirgoviste con il titolo di principe.
Tra le sue prime azioni, nuovamente salito al trono, possiamo ricordare l’ordine dato agli orefici di coniare una moneta. Su di una faccia compariva un aquila valacca, sul rovescio una mezzaluna e una stella con una scia.
Per spiegare questo seconda faccia della moneta dobbiamo richiamare questo breve passo:
“Copriva in lunghezza metà della volta celeste e aveva due code di color oro, l’una verso ovest, l’altra verso est, e luceva come una fiamma sul lontano orizzonte.”
Così scriveva il cronista Antonio Bonfini, descrivendo però una cometa apparsa nello stesso mese di giugno del 1066 quando Harold Godwinson combatté sulle colline presso Hastings. Per alcuni fu un presagio di morte, per altri uno di vittoria.
Appena venticinquenne, Tsepesh sale al potere per la seconda volta. Ora eredita una struttura politica che comprendeva un consiglio, detto Sfatul Domnesc, composto sempre più dai boiardi di spicco, e che fungeva anche da amministrazione statale.
La struttura rispecchiava quella bizantina, sebbene si possano riscontrare analogie con la corte del sultano ottomano, e la curia regis dei re occidentali. Insomma una fusione tra stili.
Analizziamo ora nel dettaglio come si componeva la corte dell’impalatore.
Nei documenti risalenti al suo regno, ci si riferisce al termine jupan come membri del consiglio. Nella capitale, sempre Tirgoviste, vi erano due vornici, uno più anziano dell’altro che avevano il compito di esercitare il potere giudiziario. Il logofat presiedeva invece la cancelleria del sovrano ed era responsabile della corrispondenza e della conservazione dei documenti di corte. Lo spatar era un comandante della cavalleria, ma non si deve confondere tale ruolo con il comandante in capo dell’esercito, compito che invece spettava a Vlad Tsepesh stesso.
Lo stolnic, figura che compare per la prima volta in un documento del 1392, era l’assaggiatore del cibo del principe ed era responsabile del vettovagliamento della corte. Il paharnic era responsabile del vino. Al comis invece era affidata la cura dei cavalli del principe, e provvedeva anche al pagamento del tributo in denaro e in uomini ai Turchi.
Il vistiers si incaricava del guardaroba del principe ed era tesoriere delle imposte pagate dai 222 tra villaggi e città della Valacchia. Infine troviamo il postelnic, responsabile degli appartamenti del principe.
Nel settembre del 1456, nella Bismerica Domnesca, cattedrale di Tirgoviste, Vlad fu incoronato “Principe Vlad, figlio di Vlad il Grande, sovrano e governatore della Ugro- Valacchia e dei ducati di Amlas e Fagaras.”
Dopo l’incoronazione, che lo rendeva ufficialmente agli occhi del mondo il sovrano, Vlad cominciò ad attuare una politica di rinnovamento.
Ricordiamo che alcuni dei boiardi, classe ricca del regno, avevano imbracciato le armi nel nome di Vladislao II contro il nuovo sovrano, ed inoltre la stessa classe, si era resa colpevole, molto probabilmente grazie al sostegno di Hunyadi della decapitazione di Vlad Dracul, e del seppellimento di Mircea.
Fu così che Vlad Tsepesh, dopo aver concluso la pace, con le due superpotenze, gli Ungheresi a Ovest, e i Turchi a sud, libero da eventuali impegni di difesa del suo regno, iniziò una purga dei boiardi in stile staliniano. Fu probabilmente durante la prima pasqua del suo regno 1457 che il sovrano attuò la sua nuova politica.
I boiardi stavano festeggiando nella sala dei banchetti del palazzo del principe a Tirgoviste. La messa Pasquale nella cappella del Santo Spirito si era conclusa da poco quando Tsepesh chiese ai nobili presenti, quanti principi della Valacchia essi avessero conosciuto. Tutte le risposte che gli furono date si rivelarono sbagliate.
Tsepesh aveva già aperto la tomba di Mircea ed aveva osservato gli evidenti segni delle unghie contro il coperchio della bara, disperato tentativo di aprirsi uno spiraglio per respirare poco prima di morire.
Secondo alcuni resoconto dell’epoca, almeno 500 boiardi, insieme alle loro famiglie furono impalate nel cortile del palazzo. Ma secondo una stima attuale, il numero non doveva essere superiore ai 200 visto che lo spazio del cortile non ne poteva ospitare di più.
Tutti coloro che non furono impalati, vennero incatenati e trascinati per due giorni sul fiume Arges e costretti ai lavori forzati per restaurare il castello di Poenari ( il vero castello di cui si parla all’interno del celebre romanzo di Bram Stoker) divenuto in seguito la roccaforte del principe.
Se ne può concludere da questa vicenda, come tale tipo di punizione, non ha eguali in tutta la storia dell’europa.
Con tale azione, Vlad non annientò completamente la classe dei boiardi, ma li decimò,e riuscì in ogni modo ad insegnare loro la punizione che avrebbero meritato nel caso di un tradimento.
Tutti i boiardi che furono deportati, o impalati vennero poi rimpiazzati con uomini umili dei quali il sovrano si fidava.
Dopo aver rinnovato quasi completamente il sistema politico interno del suo paese, Vlad introdusse una novità nel suo esercito.
Impiegò per la difesa delle mura dei castelli di confine, e come vitesji, corpo di ufficiali dell’esercito, dei mercenari.
Affrontiamo ora la relazione tra Vlad e la chiesa, argomento questo che non può passare inosservato in un periodo come quello del suo regno, considerando che la chiesa aveva potere su molte case nobili ed influiva quindi non poco sul potere temporale.
Ricordiamo che suo padre, essendo membro dell’Ordine del Drago era cattolico, ma della religione dell’impalatore, o meglio della sua fede si sa in realtà veramente poco.
Può essere che l’impalatore si sia convertito all’islam durante la sua prigionia, e ciò spiegherebbe la sua carica all’interno dell’esercito turco. I serbi invece erano considerati come una società pagana, e le radici dei Valacchi sono certamente ortodosse.
Al pari di molti sovrani occidentali, anche Vlad fu un fedele difensore della chiesa. A Tirgosor è possibile trovare, nella chiesa di San Nicola una targhetta con l’iscrizione: “Per grazia di Dio, io voivoda, sovrano della Ugro-Valacchia, figlio del gran principe Vlad, ho edificato e completato questa chiesa il 24 giugno 1461.”
Si può presumere che la costruzione della chiesa fu l’espiazione dell’assassinio di Vladislao.
La politica estera ebbe un importante influenza sulla chiesa valacca.
Prima del 1453 il metropolita era eletto dal patriarca di Costantinopoli, ma con la caduta della capitale bizantina, si ebbe un cambiamento.
A occidente, la strisciante invasione ungherese, prima con Hunyadi e successivamente con il figlio Mattia Corvino, significò la penetrazione del cattolicesimo all’interno dei confini dell’impalatore.
Molte delle storie orribili che sono rinvenibili nei racconti sassoni, russi e romeni, parlano del rapporto tra Tsepesh con i monaci cattolici e spiegano bene quale fosse la sua posizione anticattolica, ed antiungherese che egli sosteneva. Fu infatti sotto il suo regno che nel 1457 l’abate Iosif divenne il primo metropolita valacco. Ciò ci dice quanto potente fosse la politica accentratrice del nuovo sovrano.
Veniamo ora alla fine del secondo regno.
La situazione era complicata dalla politica dell’ungheria che per anni aveva sofferto delle lotte interne tra le famiglie. Da una parte si trovavano gli Hunyadi Mattia e Laszlo. Il fratello maggiore ricoprì il ruolo del padre e prese il comando dell’esercito. Dall’altra parte invece c’erano il re Asburgo, Ladislao il Postumo, e la famiglia Cilli. L’assassinio del conte Ulrich a Belgrad, città di Laszlo, portò come conseguenza l’esecuzione di quest’ultimo, e l’imprigionamento di Mattia Corvino nel marzo del 1457. Vlad Tsepesh si trovò così di fronte ad un dilemma. Aver giurato fedeltà ad ambo le parti.
Sappiamo inoltre che la famiglia Hunyadi, o meglio Giovanni Hunyadi aveva avuto un ruolo nella morte di Vlad, ma contrariamente a quanto ci si può aspettare, quest’ultimo sembrò perdonare l’assunto.
Accadde che l’imperatore Federico III del Sacro Romano Impero appoggiò Ladislao, e di conseguenza lo fecero anche le città sassoni transilvane.
Nel settembre del 1457 ci fu la prima manifestazione di contrasto tra i cittadini di Bistrita contro Szilagy per una presunta appropriazione di fondi. E ciò potrebbe dimostrare quanto i cittadini fossero stanchi del governo despotico che su di loro gravava.
Appoggiato da Tsepesh, Szilagy saccheggiò la città e bruciò le case dei caporioni.
Tutte le altre città sassoni, dopo aver appreso la notizia, com’era prevedibile che avvenisse, strinsero un patto di comune difesa, ed ottennero l’appoggio del conte Osvaldo di Rozgony, comandante di Ladislao il postumo nei Carpazi.
Brasov a sua volta appoggiò il rivale di Tsepesh, Dan III, il cui fratello Vladislao aveva trovato la morte per mano sua. Dan fu anche incoronato nella cattedrale ortodossa nei pressi di Brasov ed usurpò il titolo all’impalatore.
Sibiu, invece non si unì a Brasov ma sostenne un altro pretendente, un sacerdote romeno che si fa chiamare il figlio del principe.
Il personaggio in questione, con molta probabilità è il fratellastro di Tsepesh, che portava il nome di Vlad Caligarul stabilitosi ad Amlas e che ottenne l’appoggio dei boiardi scontenti e dei mercanti sassoni i quali erano furiosi con il sovrano per aver annullato le concessioni.
Fu così che nel 1457 Vlad Tsepesh si trovò a dover fronteggiare tre rivali. Dan III, Vlad il monaco, e Basarab Laiota.
Per prima cosa, tentò la strada della diplomazia, inviando boiardi membri del consiglio presso Brasov e Sibiu, ma non ottenne alcuna risposta.
Ciò che ne seguì fu l’incursione da parte dell’impalatore ai danni delle città sassoni nella primavera del 1458.
I villaggi si Satul NOu, Hosman, Casolts furono rasi al suolo, ed i sostenitori del suo fratellastro massacrati. Bod venne distrutta, Talmes incendiata ed i suoi abitanti decapitati nella piazza della città. I mercanti che potevano vendere le loro merci a Tirgoviste, Tirgsor, Cimpulung vennero arrestati per violazione della legge, ed impalati lungo il ciglio della strada o bolliti nei calderoni, secondo i racconti dei sassoni.
Il 9 Dicembre del 1457 Ladislao il Postumo moriva, molto probabilmente per avvelenamento, ed al suo posto venne eletto Mattia Corvino. Suo zio si prestò da intermediario tra Vlad Tsepesh e le città sassoni e solo nel dicembre del 1458 si ottenne l’accordo.
Ma questo accordo non sembrò essere duraturo già nell’inverno del 1459.
Dan e i suoi boiardi non si resero disponibili a seguirlo, e Corvino desideroso di dare la propria impronta al regno licenziò Szilagy dalla carica di comandante in Transilvania.
Dopo la minaccia di infilzare de Boithar sul palo più alto, Tsepesh passò all’attacco contro i sobborghi di Brasov.
Durante un attacco notturno la sua cavalleria passò sul ponte di legno e bruciò la palizzata che costituiva una debole difesa per l’enclave di Dan III sulla collina di Timpa.
Qui furono impalati a decina gli abitanti della città mentre la cappella di San Giacobbe venne arsa dalla fiamme.
Secondo il poeta Michel Beheim, l’Impalatore si sedette ad un tavolo all’aria aperta e raccolse dal suo piatto il sangue delle vittime. Il boiardo che si lamentò del pessimo odore fu impalato più in alto delle altre vittime affinché respirasse dell’aria pulita.
Brasov subì un secondo attacco durante il quale l’Impalatore saccheggiò la città e bruciò la chiesa di San Bartolomeo depredandola di tutte le sue reliquie sacre. Nel frattempo Dan ed il suo seguito, con tutti i suoi seguaci era fuggito. Dopo la sua fuga si impegnò a diffondere voci sul suo rivale e ne riportiamo qui di seguito uno stralcio:
“indicibili abusi, danni difficilmente riparabili, tristi omicidi, mutilazioni, pene, afflizioni, erano stati uccisi senza pietà, distrutti, menomati e torturati… dall’infedele e crudele tiranno Dracula, che si fa chiamare Vlad, principe di quel paese… Fece tutto ciò seguendo gli insegnamenti del diavolo.”
Questa fu la lettera scritta da Dan ai cittadini della città di Brasov dopo l’attacco dell’ Impalatore.
Dan comunque non si limitò a questo, e tentò un contrattacco nello stesso mese espugnando Amlas e Faragas. Nei pressi di Rucar si svolse lo scontro diretto contro l’Impalatore ma si rivelò un totale fallimento. Di tutto l’esercito di Dan messo sul campo di battaglia, solo sette boiardi riuscirono a tornare indietro vivi.
Secondo le cronache, lo stesso Dan fu costretto a scavarsi la tomba, e mentre era ancora vivo fu celebrata una messa in onore dei morti.
Dan morì decapitato per mano dello stesso Tsepesh, stando alle cronache.
Morto Dan, da Brasov partirono cinquantacinque ambasciatori capeggiati da Johann Gereb di Vingrad.
Tsepesh li trattenne a Tirgoviste e partì per eliminare il fratellastro.
Il 24 Agosto 1460 l’Impalatore bruciò i campi di grano oltre le mura della città di Amlas e, stando ai racconti sassoni, massacro 30000 persone impiccandoli alla forca e appendendoli a dei ganci.
Dopo questo eccidio Brasov si rese conto di non avere molto con cui contrastare il sovrano e firmò un trattato.
Secondo il trattato ci fu uno scambio di prigionieri, il rilascio da parte del voivoda degli ambasciatori, la consegna da parte della città di Brasov dei mercanti e dei boiardi ribelli, ed il ripristino dei diritti commerciali. Inoltre il sovrano avrebbe ricevuto i fondi necessari per l’allestimento di un esercito permanente di 4000 uomini per la guardia delle Sette Fortezze.
Vlad Tsepesh per la sua azione di limitazione del potere dei boiardi e la riduzione all’obbedienza dei mercanti tedeschi, fu considerato una sorta di Robin Hood da parte della popolazione valacca che costituiva una grande percentuale della popolazione.
In realtà Vlad Tsepesh non fece mai nulla verso una classe cercando un particolare favore, ma essendo uomo politico, nonché sovrano cercava in tutti i modi di ottenere il rispetto e l’obbedienza da tutte le classi sociali, non facendo alcuna distinzione quando si trattava di infliggere punizioni. Non gli importò mai nulla realmente di qualcuno in particolare, e qualsiasi azioni egli compiesse era solo per il proprio tornaconto.
Riportiamo ora un breve racconto sassone: si tratta del racconto del vecchio, dello zoppo e dell’infermo che furono invitati a pranzare nella grande sala del palazzo di Tirgoviste. Dopo averli fatti mangiare e bere i servi dell’Impalatore li rinchiusero e diedero fuoco alla casa. Tsepesh giustificò le proprie azioni asserendo: “ Questi uomini vivono grazie al sudore degli altri, pertanto non sono utili all’umanità. E’ una forma di furto… Sono peggio dei ladri. Che uomini del genere siano eliminati dalla mia terra.”
Oggi potrebbe sembrare un azione disumana quella compiuta dall’Impalatore, ma per un uomo che è al potere e vuole restarci si rendeva necessaria una forma di controllo sulla popolazione. Non a caso egli passerà alla storia come un uomo giusto ma severo, e molte sono le storie raccontate sul suo conto che dimostrano come nella sua severità fosse anche giusto. Si narra di come durante il suo regno i furti fossero nulli, e che si poteva lasciare un sacchetto di oro in giro per la città senza che venisse toccato. Ovviamente parliamo di storie divenute leggende con il tempo, ma come in ogni leggenda ci sarà un fondo di verità.
Per spiegare ora i successivi avvenimenti dobbiamo fare un salto indietro e tornare al 1453 quando Bisanzio cadde sotto le mani dei Turchi.
Dopo la caduta della città, molti furono gli inviti del papa a partecipare ad una crociata contro il nemico. Molti furono i soldi inviati dalla santa sede ai vari sovrani affinchè impugnassero le armi, ma stranamente l’unico a farlo fu Vlad Tsepesh, mentre Mattia Corvino prese il denaro e rimase inerte.
Le motivazioni che spinsero l’Impalatore nel 1461 ad intraprendere questa “crociata” si sprecano, ma la più probabile risiede nella manie di megalomania del sultano che non nello spirito crociato del sovrano. Infatti nonostante l’accordo stipulato due anni prima con il sultano, egli sapeva che Maometto non si sarebbe certo limitato ad avere territori con confine il Danubio. Oltre il Danubio però c’era proprio la Valacchia. Considerando inoltre l’inferiorità numerica dell’esercito dell’ Impalatore rispetto a quello del Conquistatore, si rende palese come l’attacco fosse l’unica arma in suo possesso se voleva evitare che il sultano entrasse nel suo territorio, sapendo già che non avrebbe avuto alcun aiuto da Mattia Corvino.
Nel settembre del 1461, Vlad Tsepesh, unico sovrano europeo a conoscere il sultano, inviò una lettera spiegandogli come egli non poteva pagare il dovuto tributo, né tantomeno presentarsi a Costantinopoli com’era tradizione. Le acque non si erano calmate in Transilvania per quanto riguardava la sua disputa, il tempo non era appropriato, <>
Ricordiamo ora ad onor di cronaca che il sultano Maometto non era solo a Costantinopoli, ma in compagnia del fratello di Dracula, Radu cel Frumos, ansioso quanto il primo di prendere il trono.
La campagna contro il sultano si svolse in più sequenze, a partire dalla trappola tesa ai nemici all’interno della fortezza di Giurgiu sul Danubio sino ad arrivare ai ripetuti attacchi lungo il Danubio ai danni dei Turchi, azioni queste che sortirono l’effetto di rendere furioso Maometto. Nel frattempo ovviamente, nonostante queste piccole vittorie, Dracula continuava a chiedere aiuto a Mattia Corvino.
Queste piccole vittorie, d’altro canto ottennero un forte riscontro in tutta europa, visto che un unico cavaliere partito per la crociata otteneva così tante vittorie sul nemico, ma come si sa gli elogi restarono tali, le parole si sprecavano e Vlad Tsepesh necessitava di armi e uomini che le impugnassero.
Tutte le fasi successive della campagna, nonché la composizione dell’esercito di Maometto descritta in maniera accattivante nonché meravigliosa, e quella dell’esercito dell’Impalatore è possibile ritrovarla nel libro di Throw dal quale molte informazioni su questo articolo sono state prese.
Facciamo un salto in avanti e portiamoci al 1465 quando Vlad Tsepesh si trovò ad aprire guerra su due fronti. Da un lato il sultano pronto ad invadere, e dall’altro Stefan, tempo prima suo amico che minacciava ora il suo territorio in quanto alleato del Sultano.
Nel Gennaio del 1462, Stefan attaccò la fortezza di Chilia e Vlad Tsepesh fu costretto a mandare 7000 uomini del suo scarno esercito sul fronte orientale, riuscirà a prenderla solo nel 1465.
Inizia così una guerra di logoramento. Ormai abbandonato da Mattia Corvino, in lotta con Stefan, Tsepesh adottò tecniche di guerra disperate. Mentre il suo esercito si ritirava verso nord, impegnato in una scaramuccia con la cavalleria di Maometto sui fianchi e con i giannizzeri al centro, adottò la tattica della terra bruciata, dando fuoco ai villaggi e ai campi poco prima del raccolto.
I boiardi e i contadini, raccolti i loro beni si unirono al voivoda lasciando ai turchi soltanto distruzione.
I cadaveri degli animali furono gettati nei pozzi che si inquinarono, o gettati nei fiumi affinchè gli bloccassero. Nella golena del Danubio vennero create paludi artificiali per rallentare il passo del nemico e si scavarono fossi con pali appuntiti per intrappolare i cavalieri dell’esercito ottomano. Si può ben intuire quante fossero le perdite di un esercito grandioso come quello del Sultano nel momento in cui vengono a mancare acqua e cibo.
Siamo in piena estate.
Al fresco delle querce della foresta della Vlasia, con acqua e cibo Tsepesh invece poteva permettersi di lanciare attacchi fulminei ai danni degli Ottomani.
Il 15 Luglio dello stesso anno, Mattia Corvino si mette in marcia con il suo esercito. L’imperatore Ottomano nel frattempo si era ritirato date le perdite e il proliferare delle malattie.
Dopo settimane durante le quali si trascinarono gli accordi tra l’impalatore e Mattia Corvino alla fine il primo venne arrestato.
Solo nel 1475 egli venne liberato. Certo la sua non fu una prigionia a tutti gli effetti ma è più da considerarsi come arresti domiciliari, durante i quali, di tanto in tanto Mattia Corvino, sembra si sia divertito a rilasciare Vlad per intimidire gli ospiti.
Nel frattempo però la storia andava avanti per la sua strada ed il trono spettante all’impalatore era stato occupato da suo fratello Radu.
Con la morte di questo personaggio, finalmente Mattia Corvino si rese conto di quanto lo stato della Valacchia fosse importante per tenere a bada gli Ottomani, e che l’unico uomo in grado di assolvere questo compito fosse proprio l’Impalatore anche se era un cane sciolto a tutti gli effetti. Fu per questo motivo che gli offrì sua cugina in sposa.
Non si pensi però che Vlad Tsepesh fosse una marionetta nelle mani del suo carceriere, anzi proprio come detto in precedenza, la fede per lui non aveva molta importanza e tutto ciò che faceva era semplicemente rivolto ad un proprio tornaconto.
Il 18 Luglio 1475 iniziò l’ultima campagna contro i Turchi, a Vlad Tsepesh fu affidato il comando dell’esercito che Corvino aveva inviato in Bosnia, e dopo il ritiro sin troppo prematuro di quest’ultimo gli fu affidato il comando dell’esercito.
Vlad Tsepesh entrò nelle città di Srebrenica, Zwornik e Kuslat. Il resoconto del delegato papale lascia intravedere ad ampio spettro quanto la vendetta dell’impalatore fu feroce:
“Strappò gli arti dei prigionieri turchi, e li infilzò su dei pali… e mise in mostra le pudendae delle vittime così che i Turchi, al vedrle, sarebbero scappati in preda alla paura.”
Nella primavera del 1476 Vlad fece ritorno in Transilvania e riprese nuovamente il potere sotto gli auspici di Stefano di Moldavia, con il quale si era riappacificato.
Il ritorno in patria però lo porto nuovamente a confrontarsi con una classe che ancora una volta aveva giocato in favore del più forte. I boiardi da lui stesso messi al potere si erano schierati con Radu in precedenza e poi con Laiota durante la permanenza di Vlad alla corte di Corvino. Fu così che Stefano assegnò 200 uomini alla guardia del voivoda.
Alla fine del 1476 Basarab Laiota lanciò un attacco contro l’Impalatore che si trovava a Bucarest.
La battaglia si risolse con una scaramuccia, e secondo la leggenda Vlad si diresse da solo (cosa non molto verosimile) sulla cima della collina per godersi lo spettacolo quando qualcuno, correndo il rischio di uno scontro armato lo colpì alle spalle. Resta comunque un alone di mistero su quanto accadde realmente su quella collina, e le leggende ad oggi si sprecano.
Un'altra narra di Vlad che andò sulla collina da solo per godersi lo spettacolo, quando fu trafitto da una lancia da uno dei suoi che lo scambiò per un turco. Prima di morire egli uccise cinque dei suoi assalitori. Si può ben vedere come manchi di veridicità questa storia visto che non aveva alcun senso andare da solo sulla collina né tantomeno vestirsi da turco come era solito fare durante le campagne contro l’impero Ottomano, per la battaglia contro Laiota.
Un'altra leggenda narra che Tsepesh fu decapitato e che la sua testa fu portata a Maometto, il quale la espose a Costantinopoli perché fosse visibile a tutti infilzata su di un palo nel cuore della città.
Vlad Dracul era morto, il suo regno era terminato, le leggende da quel momento in poi ebbero modo di proliferare su di un fondo di verità che certamente esiste. Verrà descritto nei termini più disumani senza mai accennare a quale fu realmente la condizione che lo spinse ad essere spietato se non quella della mancanza di fiducia nel prossimo. Dato in pasto ai turchi dal padre, tradito dal suo stesso popolo. Ha lottato per riprendere il trono per ben tre volte, ha sfidato il fato ed affrontato un esercito molto più grande del suo con la furia del leone. Si è macchiato di orribili delitti solo per ristabilire l’ordine e mantenere il suo popolo sotto il suo gioco. Una pratica certo non inusuale nel medioevo, ma accentuata da quella dose di crudeltà scaturita dal suo desiderio di vendetta che lo ha braccato per tutta la sua vita.
Vlad Tsepesh era morto e i secoli successivi lo avrebbero riportato in vita come il ritratto del male incarnato nel corpo di un umile mortale.
Non sta a me tirarne le conclusioni o fare delle considerazioni su di un uomo che ha votato la sua vita alla battaglia ed alla riconquista di ciò che era suo, ma certamente le sue azioni hanno impedito che l’Europa occidentale conoscesse l’invasione Turca.
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La storia segreta di Dracula di M.J. Trow edito da Newton e Compton